Gruppo  Campanari Marano di Valpolicella

MARANO DI VALPOLICELLA

 
RASSEGNA STAMPA

L'Arena

18 marzo 2010

 

VALPOLICELLA. I giovanissimi e le donne sempre più numerosi nelle gare a sistema veronese

Un boom di campanari e il futuro è al femminile

Gianfranco Riolfi
Da Negrar a Sant'Ambrogio, da Marano a Pescantina, a Fumane non c'è campanile che non sia palestra per neofiti o veterani
Giovedì 18 Marzo 2010 PROVINCIA, pagina 29

Il campanile è femmina. Non sono solo gli uomini oggi a scegliere la musica campanaria, da oltre un decennio ormai, sono molte anche le donne che hanno cominciato a suonare alla pari con i maschi, in un'epoca che segna il ritorno di una forma d'arte che impegna braccia e cervello. Una disciplina antica, oggi praticata anche da giovanissimi di entrambi i sessi, in cui musica e muscoli sono complementari.
Ma per riuscire a bloccare e mantenere ferma una campana di qualche quintale «a bicchiere», è necessario avere soprattutto una buona coordinazione fisica e mentale. Ingredienti, insomma, che non sono esclusiva del maschio e non a caso, all'ultima edizione di un concorso storico come il trofeo «Emilio Sabaini», che si svolge tutti gli anni a Marano (vinto quest'anno dai vicentini di Arzignano, sul podio con Sommacampagna e Rosaro), tra le dieci squadre in gara due erano miste.
Un fenomeno che negli ultimi decenni ha investito anche la Valpolicella. Da Negrar a Sant'Ambrogio, da Marano a Pescantina, passando per Torbe, Fumane e Gargagnago, non c'è campanile che non sia palestra per neofiti o veterani appassionati di entrambi i sessi. Tra le tante realtà, quella di Giare di Sant'Anna d'Alfaedo è forse la più singolare, considerato che i residenti superano di poco le 100 unità. Qui l'arte campanaria entusiasma tutti. E sempre qui, dieci anni fa, è pure nata una squadra di sole donne.

«Era stato il parroco di allora a volerlo», spiega Mara Cipriani, 32 anni, superstite delle campanare giarine. «Poi alcune si sono sposate, altre hanno avuto figli e il gruppo si è sciolto. Credo che sulla nostra scelta abbia influito molto anche la curiosità giovanile per un'arte che fa parte della tradizione. E' stata un'esperienza entusiasmante».
Orecchio per la musica o forza, cosa conta di più? «La forza non è determinante», assicura la giarina, che oggi continua a suonare, «quello che serve è la concentrazione. E non è solo per gli uomini».
Oltre ad essere una delle prime squadre femminili in Italia la squadra di Giare (oggi unita a Fane), probabilmente detiene anche il primato del presidente più giovane, il ventiduenne Alberto Benedetti. «Ma in giro si incontrano suonatori di 12 o 13 anni», assicura. E le donne? «Nel campanile sono pari agli uomini. Lì non c'è differenza». C'era però un tempo in cui l'arte campanaria era riservata ai soli uomini. Erano gli anni in cui il veronese Pietro Sancassani, classe 1881, morto nel 1972, era conosciuto come uno dei grandi maestri compositori e suonatori di campane a sistema veronese. Un maestro anche nel raccogliere dati e fatti della sua attività nei campanili di tutta Italia. I suoi preziosi manoscritti sono stati pubblicati nel 2001 in un libro dal titolo «Le mie campane», che oggi è vangelo per la folta schiera dei campanari veronesi e che contiene storia e storie dell'arte campanaria in terra scaligera.
Aneddoti in cui il campanile era il companatico e il campanilismo il contorno di molte gare, in cui non si lesinavano colpi bassi. Racconta Sancassani che il 30 ottobre 1904 «con la mia giovane squadra intendevo dare saggio della nostra abilità ad Arbizzano. Ma quei suonatori, notatomi, ricordarono Sommacampagna e la mia sfida (non raccolta dai valpolicellesi, primi qualificati in terra morenica «per camorra»). Minacciosamente ci contornarono; vista la mala parata, a noi non restò che guadagnare il largo per salvare la pelle». L'episodio non chiude però una rivalità ormai acquisita, che il 14 ottobre 1906 trova modo di alimentarsi. «Il connubio “camorrista” Sommacampagna-Arbizzano», scrive il maestro, «ci diede oggi la seconda lezione con ancora un secondo premio ed il primo ad Arbizzano. Questi però si squalificarono ben presto in altri campanili. Su le cento seguenti gare, tre volte furono su la scena con due secondi premi e un quarto. Poi chi li vide più...». Da quell'ottobre di un secolo fa ad oggi molto è cambiato, ma ad Arbizzano si continua a praticare l'arte campanaria. E dentro ai tanti campanili della Valpolicella e non solo, un po' di sano campanile, maschio o femmina che sia, si coltiva ancora.