SAN ROCCO  

MARANO DI VALPOLICELLA

     

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È raro rinvenire tra i documenti antichi la figurazione completa di centri abitati specialmente di una certa dimensione, ma anche di piccoli paesetti che non erano sede parrocchiale; riveste quindi particolare interesse il disegno del paesello di San Rocco, compilato dal pubblico perito Ludovico Perini nell’autunno del 1729. Questo perito e architetto, molto  noto ai  suoi   tempi,

 
   

era stato incaricato dall’abbazia di San Leonardo in Monte Donico di Verona di misurare e di riprodurre in disegno tutti i beni immobili che l’abbazia aveva concesso a livello nei secoli precedenti.  Perini si recò sui luoghi e, alla presenza delle parti interessate, misurò e disegnò ogni cosa. I disegni, forniti di ampie didascalie, furono raccolti  in un volume dal titolo Platea livellaria, conservato nell’Archivio di Stato di Verona (VIII Vari, S. Leonardo in Monte Donico, b. 3, reg. 28).

 

San Rocco si trova nella parte più a nord della vallata di Marano, proprio sullo spartiacque che la divide dalla valle di Fumane. Fino a non pochi decenni fa, come già la chiesetta di Santa Maria, il nome della frazione era completato con la dicitura "di Minerbe" in riferimento all'antico tempio dedicato alla dea Minerva.

 

L’abbazia, con atto del notaio Francesco Caprino del 29 settembre 1433, aveva dato a livello 2 case e 7 appezzamenti di terra a Bartolomeo del fu Gerardo da Marano. Tali beni, figurati alle pagine 68-69 della Platea, erano passati ad altri per eredità, per acquisto, per matrimonio o altro, e nel 1729 erano posseduti da varie persone: Lonardi, Zardini, Ruzzenente...

A San Rocco di Minerbe vi erano tre dei sette appezzamenti in parola: il n. 3 (pezza prativa denominata Valena) di mq 1679 di Bartolomeo Ruzzenente; il n. 4 (terra un tempo arativa, allora prativa) di mq 2575 di Antonio e fratelli Ruzzenente, e il n. 5 consistente in due edifici di abitazione di Bartolomio Ruzzenente e di Bernardo Lonardi detto Benaia.
Il perito, in questa occasione, non ra
ffigura soltanto i beni allivellati dall’abbazia, ma anche gli altri edifici del paesello per indicare l’esatta ubicazione e consistenza dei beni. Tra gli appezzamenti di terra attira la nostra attenzione il n. 4 per il suo cambiamento d’uso: già arativo, cioè coltivato a cereali o a ortaggi, nel 1729 era prativo.

Si trattava di un appezzamento inferiore al campo veronese, eppure la variazione d’uso in area così limitata può avere un significato: il proprietario preferiva coltivarlo a prato piuttosto che a cereali forse per aumentare la disponibilità di fieno per allevare più bestiame.

La pozza d’acqua dell’appezzamento n. 3 era una caratteristica diffusa nei tempi passati anche in pianura, e non serviva solo ad abbeverare il bestiame. Il centro abitato di San Rocco era costituito da un insieme di corti agricole chiuse da muro con orto recintato. Vi era la chiesetta con la piazzetta antistante. Gli edifici avevano modeste dimensioni e all’apparenza sembrano solo abitazioni: mancano i portici e le stalle con i fienili soprastanti, affiancati alle case come si riscontrava in qualche corte della collina. Negli edifici figurati da Perini dovevano trovare sede sia gli abitanti, al piano superiore, sia gli animali a quello inferiore, con il fienile a lato. Tale situazione sembra indicare con sufficiente chiarezza l’edificio di Bernardo Ruzzenente: il portone al piano terra immetteva nel portico-stalla-fienile, dal quale si accedeva al piano superiore.

Il centro abitato sembra essere stato costruito senza ordine, ma un esame della morfologia alquanto mossa del luogo porta a conclusioni differenti. Gli edifici erano stati eretti sulle prominenze, gli orti occupavano le parti basse, sicché le costruzioni e le vie di comunicazione obbedivano alla morfologia del territorio e alla possibilità di insediarvisi. [ez.f. ]

(tratto dal libro edito dal comune, Marano Valpolicella, 1999)

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giornale Arena 03/04/2008
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