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giovedì 08 novembre 2007 provincia pag. 27
AMBIENTE. Lo studio d’impatto commissionato dalla Cementirossi suscita
proteste degli ecologisti. Residenti divisi tra rassegnati e arrabbiati.
Enti locali per ora zitti
Cementificio, i piani
che sfidano il parco
di Giuseppe Anti
Una volta i forestali li chiamavano su una pietraia — Giazza — per
trasformarla in bosco. Adesso c’è un bosco — Marezzane — e chiamano il
forestale per trasformarlo in pietraia, con rispetto (dell’ambiente)
parlando, perché «il risultato finale per alcuni aspetti sarà migliore
della situazione attuale». Parole di Raffaele Barbetta, il dottore in
scienze forestali che assieme ad altri specialisti ha preparato lo studio
d’impatto ambientale per i futuri scavi della Cementirossi.
Il riferimento a Giazza l’ha fatto proprio Barbetta, nella sala di
Valgatara dove una sessantina di persone l’hanno ascoltato per due ore.
«Non c’è un ambiente naturale, tutto deriva da scelte arbitrarie
dell’uomo», ha detto Barbetta. «L’attuale foresta di Giazza è frutto di
rimboschimenti artificiali, prima era una pietraia, e sono passati solo
100 anni».
Dall’altra parte della Lessinia, qui tra Marano e Fumane, dove l’altipiano
scende a incontrare la Valpolicella, non ci sarebbe bisogno di
rimboschire: la vegetazione c’è già, e bella. Alberi, prati, contrade di
pietra, viottoli di campagna; un angolo superstite di quel prodotto
dell’uomo che una volta si chiamava Bel Paese. Ma il cementificio è
arrivato a Fumane già negli anni Sessanta, mentre sull’[\FIRMA]Arena
Giuseppe Silvestri predicava invano: «La Valpolicella è terra da salvare.
Meglio puntare sull’agricoltura di pregio, sui vini». Ora, dopo aver
mangiato le colline attorno a Purano, il cementificio ha bisogno di altra
pietra da macinare («Sei milioni di metri cubi», ha detto Giuseppe Fais)
per altri 25 anni di attività. I terreni li ha comprati dai contadini in
questi 40 anni, compresi prati e boschi che nel frattempo sono entrati nel
Parco naturale regionale della Lessinia. Qualche ex proprietario viene a
curiosare ed esce alla chetichella. Un altro, invece, se ne va urlando: «I
miei campi non li avranno mai!»
Fino al 2000 il cementificio ha scavato liberamente: la concessione
arrivava da Roma, nessuno poteva metterci il becco. Dopo il 2000 il
permesso è stato rinnovato per altri 25 anni, con i Comuni di Fumane e
Marano ammessi stavolta a dire la loro. Ed eccoci al dunque: per andare
avanti negli scavi si farà la valutazione d’impatto ambientale (Via), che
toccherà alla Regione. Il cementificio quindi presenta i suoi piani e
stavolta garantisce di non fare come a Purano finora («la nostra terra è
stata umiliata», protesta Francesca Coati di Purano, una che i suoi campi
non li ha venduti).
La garanzia la darebbe il progetto presentato a Valgatara. Il cementificio
ha pagato il lavoro a fior di geologi, architetti, paesaggisti e
naturalisti. Tutti più o meno verdi, come il dottore forestale che se ne
fa portavoce: Raffaele Barbetta, attivista di Legambiente ed esponente
dell’osservatorio Salvalpolicella, quello che protesta contro le
lottizzazioni davanti alle Ville Venete. Barbetta ha garantito un cantiere
praticamente invisibile, senza polveri, con poco rumore, che lascerà la
collina al suo posto abbassandola sì di quattro metri, ma striscia per
striscia, ripiantando erba e alberelli appena passate le ruspe, e
rifacendo i muri a secco. Le case di Marezzane spariranno, sì. Ma la croce
del 1500 no.
Meglio di così non si può, insomma. Un’eutanasia. Poi la natura risorgerà.
«Ci vorranno ere geologiche», urla una ragazza, «ma io sono giovane, nei
boschi voglio andarci adesso!» Non ci sono alternative? Barbetta: «Scavare
in galleria? È stato escluso». E salvare Marezzane, come chiedono a gran
voce anche a Valgatara gli ambientalisti? «Vorrebbe dire chiudere il
cementificio». Resterebbero infatti da scavare solo le zone attorno a
Purano, ma non sarebbe abbastanza per giustificare gli investimenti
annunciati dalla Cementirossi, che Marezzane se l’è comprata per farne
cemento.
Cosa dicono i Comuni? «Non è questa la sede», risponde il sindaco di
Marano. Cosa dice il Parco della Lessinia? Provoca Roberto Bianchini
(Lessinia Europa): «La Cementirossi rimuove una collina con bosco,
contrade, sentieri, muri a secco, in buona parte all’interno del Parco
naturale della Lessinia, e intende convincerci che si tratta di un
intervento assolutamente compatibile con l’ambiente». C’è l’assessore al
Parco Filiberto Semenzin, che non risponde.
giovedì 08 novembre 2007 provincia pag. 27
«I campi?
Li vogliono
ma io
non cedo»
Dice che «la nostra terra è stata umiliata»
Francesca Coati, residente a Purano, proprio sul fronte dello scavo
attuale, dove da anni passano ruspe e camion con la marna da cemento
estratta dal Monte Noroni. Lei non ha venduto i suoi terreni al
cementificio, mentre a Purano le scavavano davanti un cratere dantesco.
«Ma non ha notato miglioramenti dal 1999?» chiede alla signora Raffaele
Barbetta, il forestale che negli ultimi anni cura il «ripristino».
Risponde la signora: «Sono spariti boschi e vegetazione originaria per
lasciare spazio a uliveti e vigneti che rendono poco, come gli altri
della zona, ormai atrofizzati dalle polveri». Continua Francesca Coati:
«Con la nuova concessione si scaverà in quattro lotti, cinque anni per
ogni lotto. C’è una fine a questa escavazione o continueranno
all’infinito a mangiare la terra? Visto che mi sembra di capire che le
amministrazioni locali non sono in contrasto con l’azienda, questa andrà
avanti ancora per quanto?»
VENDERÀ anche lei i suoi terreni? «Io ho pochi campi vicino al fronte
dello scavo, che ormai si estende tutto attorno. Ogni anno il
cementificio ce li chiede, ma noi diciamo di no». Ora è così, ma anni fa
le cose andavano diversamente. Racconta Ivo Lonardi: «Mio nonno ha
venduto i suoi campi, come molti altri, a pochi soldi perché i contadini
venivano minacciati. Gli dicevano: “Vendi, altrimenti ti espropriamo”.
Ora le cose sono cambiate. Comprano i terreni da scavare e in cambio ti
danno vigneti fatti dove hanno già scavato». G.G.
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«Contributo
personale
a migliorare
il territorio»
Raffaele Barbetta è il dottore in scienze forestali portavoce dei
professionisti che hanno predisposto lo studio di impatto ambientale per
gli scavi. «Per Marezzane ho potuto indicare modifiche al progetto che
impedissero il verificarsi di alcuni impatti ambientali», spiega.
SI BATTE per la Valpolicella e lavora per il cementificio? «Ho
predisposto un articolato insieme di interventi di mitigazione che
potranno ridurre grandemente gli impatti inevitabili; ho redatto un
piano di recupero ambientale su basi ecologiche, che consentirà la
formazione di nuovi ecosistemi naturaliformi e il riutilizzo
ecocompatibile di tutta l’area al termine del periodo di escavazione.
Tutto ciò coerentemente con gli interventi di recupero ambientale che ho
progettato e sto dirigendo negli ex cantieri Santoccio e Ziviana, che
stanno dando ottimi risultati. Mi pare con ciò di avere dato un
contributo al miglioramento del territorio, che è anche lo scopo della
mia partecipazione al Salvalpolicella». G.G.
giovedì 08 novembre 2007 provincia pag. 27
IL PARCO DELLA LESSINIA
DENTRO L’AREA PROTETTA
23 ETTARI DI MINIERA
La linea rossa indica i confini del parco naturale regionale della
Lessinia. L’area dei nuovi scavi è per 23,5 ettari nel parco. La
Cementirossi sostiene che «la concessione mineraria è stata rilasciata
nel 1975, prima della costituzione del parco» e si appella a questo per
sostenere il suo diritto a scavare. «Quando il parco è stato costituito
ha fatto salve le concessioni esistenti, nel 2000 la nostra concessione
è stata semplicemente rinnovata, non rilasciata». I cavatori del Monte
Potteghe, nido delle aquile, avevano lo stesso diritto, ma hanno
rinunciato.
La linea rosa indica i confini dell’area di scavo a Marezzane. Dell’oasi
naturale saranno preservati le case di pietra di Mazzarino, «giassara»,
fontana e un prato arido dove crescono 29 specie di orchidee selvatiche.
Dalle acque che ora defluiscono nel rio Baiaghe e nel progno di Fumane
nasceranno due bacini artificiali.
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LA STRADA
CARREGGIATA DA 12 METRI
PERCHÉ PASSI IL FRANTOIO
La linea gialla indica il perimetro della prima area dei nuovi scavi: si
partirebbe scavando 800mila metri cubi di terreno, per fare a mezza
costa una strada larga 12 metri e lunga due chilometri verso nord,
dall’attuale cantiere di Giarole, e altri due a sud, fino allo
stabilimento. La strada farà arrivare a Marezzane l’enorme frantoio che
sminuzzerà sei milioni di metri cubi di pietra, Da Marezzane il
materiale scenderà a Fumane su nastro trasportatore.
giovedì 08 novembre 2007 provincia pag. 27
LA FABBRICA
IL NUOVO FORNO A FUMANE
CON TORRE DI 92 METRI
Gli edifici in basso sono gli impianti del cementificio. Le macchie
bianche sono gli scavi compiuti e in corso. Risale al 1962
l’insediamento. Nel 1975 la prima concessione mineraria; nel 1994 la
Cementirossi, piacentina, assorbe l’azienda; nel 2000 la nuova
concessione mineraria per 25 anni; quest’anno l’annuncio di nuovi
investimenti per 90 milioni, con la costruzione di forno a torre alto 92
metri.
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