L’ARENA giovedì 08 giugno 2006 provincia pag. 30


Muri a secco, patrimonio da tutelare

Tutti d’accordo gli esperti a convegno a San Giorgio «Ingannapoltron». L’architetto Cecchini: «Retaggio del passato da proteggere»
Il naturalista Caoduro: «Tra le pietre vanno in letargo i ghiri e cresce la rara Campanula Petrea. È un ambiente ricco di biodiversità»

Confine per gli alpeggi, segnalazione e riparo dei dirupi, muri di contenimento per le strade di campagna e persino rifugi per i pastori. Tanti e diversi erano gli usi delle marogne, i particolari muri di pietra a secco che un tempo in Lessinia e nella VALPOLICELLA segnavano il paesaggio. Cosa fare oggi delle marogne superstiti? Questa la domanda centrale a cui hanno tentato di rispondere studiosi ed esperti di arte, territorio e salvaguardia delle risorse naturali e paesaggistiche che, nella collegiata della pieve di San Giorgio «Ingannapoltron» si sono ritrovati a parlare di marogne, paesaggio antropico, tecniche di costruzione nel convegno «Manu bene factum», organizzato da associazione veronese Ergo e Pro loco di San Giorgio, con il patrocinio del comune di Sant’Ambrogio e il sostegno della Banca cooperativa Marano VALPOLICELLA.
La risposta è apparsa unanime: salvaguardia dell’esistente e valorizzazione del retaggio di passate civiltà che le marogne rappresentano. È partito dal terrazzamento neolitico e dal megalitismo mediterraneo del 3.000 avanti Cristo, passando poi per la Bretagna e l’Irlanda, Giorgio Chelidonio di Italia Nostra, per dimostrare la lunghissima storia anche delle nostre marogne. Alla fine Chelidonio ha anche lanciato un’idea pratica e mai realizzata finora: la catalogazione degli esempi presenti nel territorio, in modo da garantirne continuità e studio.
Ma ad aprire la giornata all’insegna delle marogne e della forza della tradizione ha pensato l’architetto di origini ambrosiane Libero Cecchini, vicepresidente dell’Accademia d’arte Cignaroli, che ha parlato di «Come eravamo e come non siamo diventati». Quasi un monito il suo, non senza rimpianto per un paesaggio scomparso fatto di broli, campi e ville. «Ne esiste ancora un esempio tra la frazione di Gargagnago, dominata dal casato Serego Alighieri, e Villa Avrese in località Monte Leone, con alcuni ovvi cambiamenti avvenuti nel corso del tempo», ha dichiarato l’architetto. «Non dimentichiamoci che va tutelato e protetto».
«Una marogna è un vero e proprio sistema ambientale ricco di biodiversità e valori biologici, paesaggistici, culturali e anche educativi», ha spiegato il naturalista Gianfranco Caoduro, presidente della World Biodiversity Association (WBA), elencando specie vegetali e animali che popolano le pietre dei muri. Muschi, felci, licheni (preziosi indicatori di qualità dell’aria), e poi ancora la rara Campanula Petrea, lombrichi, millepiedi, aracnidi, insetti e persino qualche ghiro che trova assai confortevole andare in letargo tra le pietre di una marogna. «Un mondo tutto da scoprire e che non possiamo permetterci di perdere», ha concluso Caoduro, come anche tutti gli altri relatori che durante la mattinata a San Giorgio sono stati introdotti da Cristina Stevanoni: l’archeologo Alberto Solinas, il presidente dell’associazione VALPOLICELLA 2000 Daniele Todesco, che ha spostato l’attenzione su territorio e cave, l’urbanista elvetico Wiebke Werwer, la docente di storia dell’architettura all’Università di Verona Daniela Zumiani.
Camilla Madinelli