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lunedì 09
ottobre 2006 provincia pag. 14
MARANO. Affollata marcia di
sensibilizzazione promossa dai gruppi ambientalisti per la tutela
dell’area collinare nel parco
«Marezzane? Si può
salvare»
Todesco: «Giochi aperti, il cementificio ha
solo la concessione mineraria»
Almeno settecento persone ieri hanno partecipato alla marcia sui
sentieri attorno alla collina di Marezzane, che rischia di sparire, come è
già successo per bosco e colli inghiottiti dal cementificio, che qui scava
la marna da mezzo secolo. Più che una marcia sembrava un’allegra
passeggiata e una festa con i prodotti locali, la musica sul palco, picnic
sull’erba e bambini che giocavano. Ma il segnale è stato forte: potrebbe
sparire un luogo di una bellezza quasi incontaminata, con un’antica
«giassara» e relativa sorgente, con casolari in pietra affrescati
esternamente.
Dalla collina il paesaggio è straordinario: si possono ammirare tutta la
vallata, il monte Loffa e il Pastello, anch’essi con le loro
contraddizioni: gli squarci nel verde lasciati dalle cave di pietra. Si è
potuta osservare dall’alto la grande struttura della fabbrica del
cementificio nella Valle dei Progni e lo scavo in atto a Salto e alla
Giarola, con le strade bianche utilizzate dai camion che fanno la spola
per portare via il materiale.
Per fermare l’avanzata della Cementirossi, che nel 2000 ha ottenuto una
nuova concessione di scavo fino al 2025, sono stati presentati negli
ultimi anni tre ricorsi: quello principale è del Parco della Lessinia e
del Wwf nazionale contro la concessione mineraria; gli altri due al Tar
contro le autorizzazioni regionali presentate da Legambiente e
Valpolicella 2000. «Erano aperti quattro fronti di scavo», racconta
Daniele Todesco, di Valpolicella 2000, «Ziviana, Barbiaghe, Salto e
Giarola. Nel 2000 il cementificio è stato multato per il problema delle
autorizzazioni; poi ha sospeso i lavori perché non aveva il pieno possesso
dei territori, quindi gli scavi si sono spostati a Salto e Giarola».
«Ci siamo opposti», continua, «e
abbiamo bloccato anche la realizzazione di una strada, che sarebbe
arrivata ai confini del Parco, mettendo le premesse per salire fino a
Marezzane con l’inganno; l’avevano chiamata strada di servizio.
«I giochi per Marezzane sono tutti aperti», continua Todesco, «il
cementificio ha solo la concessione mineraria. Per Marezzane c’è una
prescrizione, va usata un’attenzione particolare, è necessaria una
valutazione di impatto ambientale e una di incidenza ambientale. Inoltre
l’area si trova vicino a un Sito di interesse comunitario, quello di
Molina. Il valore del sito è eccelso, per salvare Marezzane basta
parlarne».
Ma vi sono anche vincoli: «Primo fra tutti», spiega Todesco, «Marezzane si
trova nel Parco regionale della Lessinia dal ’93, quindi non può essere
distrutta; poi ci sono vincoli forestali, perché tutti gli alberi in
questi boschi sono ad alto fusto».
«Continuano a parlare di ripristino, perché nel buco lasciato dallo scavo
ci piantano gli alberelli», interviene Roberto Marchesini, che in queste
terre ha vigneti, frutteti biologici e si è sempre rifiutato di vendere i
suoi possedimenti al cementificio, «invece si deve parlare di
ricomposizione, perché i luoghi non sono più come prima». Gli oppositori
sottolineano poi che una stima sul numero di alberi abbattuti in questi
anni non è mai stata fatta, né di tutto il sistema collinare, né dei
chilometri di marogne e muri a secco.
Erano presenti alla marcia, oltre a tutte le associazioni ambientaliste
organizzatrici (Legambiente, Wwf, Italia Nostra e Valpolicella 2000),
anche il regista Alessandro Anderloni, organizzatore della Marcia per la
Lessinia (che fermò la cava in Val Sguerza) e i rappresentanti di tutti i
comitati contro le cave della Lessinia.
«La bellezza del luogo e la sua relativa integrità sono elementi
sufficienti per determinare l’interesse degli amministratori, non solo dei
"soliti" ambientalisti ai fini della loro conservazione», ha concluso
Averardo Amadio, presidente storico del Wwf veneto.
Giancarla Gallo
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