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MAREZZANE. La miniera del cementificio, attiva da 47 anni,
intaccherebbe il Parco della Lessinia
L’oasi minacciata
spera nella Regione
Nel 1972 Gazzola prova a limitare gli scavi, ma non ha poteri Oggi tocca
all’amministrazione veneta la decisione definitiva
IERI. Una fotografia aerea della Valle dei Progni a Fumane nei primi anni
Sessanta. La macchia bianca in basso al centro è la prima area di scavo
del cementificio. Le estrazioni di marna, la roccia calcarea con argilla
usata per fare il cemento, iniziarono dopo l’apertura dello stabilimento,
nel 1961, ma solo nel 1971 fu presentata la domanda di concessione
mineraria, incontrando opposizioni perché la potenziale area di scavo
indicata era vastissima OGGI. La stessa inquadratura in una fotografia
aerea di pochi anni fa. L’area di scavo del cementificio si è estesa a
nord, verso Purano. Il progettato ampliamento, in attesa di autorizzazione
della Regione, porterebbe la miniera ancora più a nord, fino alla collina
di Marezzane, già nel Parco naturale regionale della Lessinia. Il
cementificio rinnoverebbe anche gli impianti, costruendo un nastro
trasportatore della marna e un forno alto quasi 100 m L’espansione
edilizia in Valpolicella viene contestata come «sconsiderata» nell’ottobre
1965 da Giuseppe Silvestri sull’Arena: «L’intensa attività costruttiva non
ha avuto nessun criterio urbanistico. Edifici nati in serie come da uno
stampo, estranei all’ambiente. E soprattutto il vincolo paesistico, quasi
ignorato dai Comuni, è rimasto lettera morta».
Il soprintendente ai monumenti Pietro Gazzola usa l’arma del vincolo, ma è
inefficace per frenare la speculazione edilizia. Gazzola interviene,
invano, anche per limitare l’area di scavi minerari del cementificio di
Fumane. Installatosi nel 1961, nel 1972 il cementificio si sviluppa con
nuovi impianti e fa domanda di concessione mineraria. Nel 1972 Gazzola
prende posizione con una raffica di raccomandate contro gli scavi in area
«di non comune bellezza, di importante interesse panoramico». In un
telegramma del 4 luglio 1972 al Comune di MARANO avvisa che «questa
Soprintendenza non concede nulla osta all’apertura di cave in località
Monte Noroni, zona vincolata dalla legge 29 giugno 1939, numero 1497».
Segue una raccomandata indirizzata alla prefettura, in cui rende noto che
«dovrà opporsi a qualsiasi modificazione ambientale della zona, venuto a
conoscenza che una vasta superficie tra MARANO e Fumane è stata acquistata
dalla ditta spa Cementi Verona per ottenere la concessione alla estrazione
di marna da cemento». Con altra raccomandata del 20 luglio 1972 Gazzola
sollecita l’amministrazione di MARANO a dotarsi di uno strumento
urbanistico, che regolamenti le attività locali. «Questo ufficio»,
scriveva Gazzola, «ritiene di non poter ulteriormente esaminare i vari
progetti presentati se non nell’ambito di una visione generale del
territorio del Comune, in maniera che restino preservate le zone di
maggior bellezza».
Oggi il cementificio è in attesa del via libera dalla Regione del Veneto,
che ai tempi di Gazzola era appena stata istituita e non aveva i poteri di
coordinamento urbanistico che auspicava invece il soprintendente. Il
cementificio, autorizzato fino al 2023, progetta ulteriori scavi che
distruggerebbero anche la collina di Marezzane, oasi naturale compresa nel
Parco regionale della Lessinia. Il Parco si oppone e ha presentato ricorso
al Tar. Il progetto del cementificio comporta nuovi impianti, compreso un
forno-torre alto 90 metri (più della Torre dei Lamberti). G.A.
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