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L’ARENA mercoledì 04 aprile 2007 provincia pag. 29
FUMANE. I cavatori in prima linea per eliminare il fenomeno che
minaccia le acque del Parco delle cascate di Molina
Geologi contro la melma bianca
L’utilizzo delle filtropresse non è bastato: al via le indagini nel
sottosuolo
Fumane. I cavatori sono determinati a risolvere il
problema della melma bianca che minaccia le acque del Parco delle cascate
di Molina. Questa intenzione è emersa chiaramente nel corso del recente
incontro tra i cavatori e i loro consulenti, che ha portato alla decisione
di affidarsi a dei geologi per studiare da dove deriva questa fanghiglia.
«Il verificarsi del fenomeno delle acque bianche nelle cascate di Molina
(dopo la realizzazione di quanto indicato dalle amministrazioni locali per
la raccolta dell’acqua di lavorazione) ha colto i cavatori di sorpresa»,
afferma Enzo Guardini, presidente del Consorzio cavatori pietra della
Lessinia.
«Abbiamo effettuato un controllo con un sopralluogo; insomma», precisa
Guardini, «stiamo facendo tutto il possibile per studiare i vari sistemi
di raccolta delle acque di lavorazione».
Il problema, in realtà, non è di facile soluzione, perché l’attività di
cava nel polo estrattivo di Gorgusello, che si trova al di sopra del Parco
delle cascate, consiste nel taglio della pietra lastrolare con dei dischi
diamantati che sono raffreddati ad acqua.
L’acqua utilizzata per il raffreddamento dei dischi si mescola
inevitabilmente con la polvere formata dal taglio della pietra e si
infiltra nelle fratture carsiche presenti alla base del taglio che è stato
effettuato.
Soluzioni possibili? Il taglio a secco risolverebbe il problema.
«Purtroppo però» aggiunge Guardini, «attualmente non esistono dischi a
secco che abbiano un diametro utile per il taglio in cava, ossia superiore
o almeno pari ai 60 centimetri. Il problema sembra essere di tipo tecnico
e non economico», spiega ancora il tecnico del Consorzio dei cavatori.
Gli unici progetti-pilota al mondo per testare i dischi a secco di grandi
dimensioni sono stati condotti proprio nelle cave di Gorgusello e a spese
dei cavatori. Ad oggi, tuttavia, è necessario riscontrare un sostanziale
«nulla di fatto» nell’utilizzo dei dischi da taglio a secco, perché questi
si surriscaldano, deformandosi, nell’attrito con la pie tra
da tagliare.
«Pur di non abbandonando le ricerche e i test sui
dischi a secco, si è pensato di applicare a quelli con raffreddamento ad
acqua un sistema di aspirazione che raccogliesse tutta l’acqua utilizzata.
Ma si tratta di una metodologia difficile da applicare perchè, quando
l’acqua colpisce il disco in movimento, viene sparata in tutte le
direzioni ed è quindi impossibile raccoglierla tutta», continua il
tecnico.
Nemmeno la ricerca sull’aspirazione è stata abbandonata, ma la necessità
di affrontare il problema con immediatezza l’anno scorso ha portato alla
soluzione di dotare tutti i cantieri di cava di una vasca di raccolta
nella quale sia convogliata tutta l’acqua utilizzata nella lavorazione,
per poi pompare la melma che si forma nella vasca con una filtropressa,
ossia una macchina che riesce a filtrare, e quindi ad asportare l’acqua
dalla melma, riducendo quest’ultima a un materiale inerte solido, che
viene poi smaltito.
L’acqua viene convogliata alle vasche di raccolta sigillando le fratture
esistenti con bentonite e creando una superficie di scorrimento. L’acqua
che esce dalla filtropressa viene riutilizzata nella successiva
lavorazione. La melma filtropressata invece, che è poco ingombrante, non è
assolutamente dilavabile e non basta la pioggia a renderla nuovamente
liquida. Questa è, al momento, la soluzione adottata.
«L’impianto di raccolta dell’acqua e la filtropressa costano, e non poco,
ai cavatori ma tutti ritengono che la spesa sia necessaria se si vuole
risolvere il problema. Si tratta di soluzioni studiate dagli operatori e
da esperti appositamente interpellati anche dalle amministrazioni
pubbliche», conclude Guardini. «Sembrava la soluzione definitiva al
problema, che invece ora si è ripresentato. Per questo motivo i cavatori
hanno deciso di contattare dei geologi, che svolgeranno delle indagini
idrogeologiche specifiche, con l’utilizzo di traccianti».
Giancarla Gallo
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