L’ARENA martedì 10 aprile 2007 provincia pag. 26

FUMANE. Come sono cambiate le colline? Ecco il racconto di Ottorino Arduini

Valpolicella paradiso perduto:
«Questo è lo scempio dei sempi»

«Hanno distrutto il cimitero che era un grande patrimonio d’arte e di cultura»
Fumane. «Lo scempio dei sempi». Per il fumanese Ottorino Arduini sono proprio i «sempi», ovvero le menti semplici, quelle che fanno scempiaggini senza rendersene conto, il male oscuro dell’ambiente valpolicellese. Un ambiente che lui ha conosciuto ancora praticamente integro, ma che ha visto lentamente modificarsi dalla sua corte di località Ca’ dei Maghi, su quelle colline a cui sale quotidianamente, anche se risiede ormai da decenni in città.
Ha visto cemento e asfalto cambiare profondamente e irrimediabilmente il panorama circostante e nonostante i suoi 86 anni, non intende rassegnarsi ai pesanti costi del progresso. Incontriamo il battagliero Arduini, classe 1921, maestro elementare («ma ho mangiato da commerciante»), in quella che lui chiama una «casa di corte agricola mummificata dall’inoculatezza di amministratori figli del compromesso storico». Il complesso è cadente e le vistose crepe nei muri portanti non fanno presagire nulla di buono. «La casa è destinata a cadere», dice sconsolato Ottorino, «perchè nonostante abbia presentato diversi progetti non ne è ancora stato approvato uno. Leggi, leggine, vincoli e restrizioni mi impediscono di salvare un patrimonio storico importante per me, ma anche per tutta la Valpolicella».
Il maestro-commerciante è nato nella corte che ha ereditato dai suoi antenati. Per spiegarsi meglio mostra una fotografia del 1870 scattata proprio qui, che ritrae bisnonni e nonni ancora giovani. La bisnonna, classe 1802, si è sposata a 15 anni con un ragazzo di 19 che altrimenti avrebbe dovuto partire militare, ma che per uno scherzo del destino è morto una manciata di anni dopo per «infiammazione di petto», la polmonite di allora.
Gli Arduini discendono dai francesi Ardouen. «I discendenti di quella prima stirpe oggi sono sparsi un po’ in tutta Italia», spiega il maestro. «I miei avi erano scalpellini e sono arrivati a Fumane da San Massimo all’Adige dove, con gli Antolini (oggi marmisti a Sant’Ambrogio), avevano ricostruito in paese la chiesa parrocchiale, demolita per liberare la Spianà, vasta area alle porte di Verona, da adibire al tiro dei cannoni in epoca veneta». Ma questa è un’altra storia.
Quella per cui siamo saliti a Ca’ dei Maghi riguarda la Valpolicella di ieri e di oggi. Da che parte cominciare? «Direi di partire dal cimitero di Fumane. Una volta sulla tomba dei poveri c’era una croce di legno, su quella di chi aveva un po’ più soldi era di ferro, per i ricchi c’era invece la lapide. Lapidi che erano spesso delle autentiche opere d’arte. Ebbene, quelle lapidi oggi non ci sono più, perchè con i recenti lavori di ampliamento del camposanto le hanno divelte tutte accatastandole in un angolo, distruggendo in questo modo un grande patrimonio culturale e artistico.
«Su una di quelle c’era il nome di una mia lontana parente, madre di un dottore, il primo laureato a Fumane dopo l’unità d’Italia. Dagli antichi romani non siamo riusciti ad ereditare nemmeno la religiosità».
Arduini parte dai morti per arrivare ai vivi e a tutto quello che hanno combinato. In questa oasi sopra Fumane il tempo sembra essersi fermato cinquant’anni fa. «Poveri giovani quante cose belle e buone hanno perduto!», commenta il fumanese, guardando le sue galline ciondolare libere per la corte. «Sfido chiunque a trovare oggi un uovo ancora caldo, o un bicchiere di latte appena munto. E’ proprio il caso di dire che dobbiamo piangere sul latte versato. E la vista? Di bello ce n’è ancora tanto in Valpolicella, ma quanto ne abbiamo lasciato per strada negli ultimi cinquant’anni. Basta guardare le colline ferite, sconvolte, deturpate nella loro forma dal cementificio di Fumane. La panoramicità che quei luoghi avevano quando ero un ragazzino è definitivamente cancellata».
Ma se il cementificio è un problema che riguarda solo la valle dei progni, per Arduini la cementificazione è una sciagura che investe tutta la Valpolicella. «Sono un valpolicellese doc di lunga durata. Nessuno oggi può immaginare quanto era bella la nostra vallata negli anni della mia infanzia. E quanto era godibile da noi bambini. Allora si giocava e si correva nelle strade senza la paura di essere travolti dai pesanti mezzi di trasporto di oggi. In quei tempi poi, la vita forse era molto più dura, ma si mangiava bene e si dormiva meglio. Oggi la gente respira l’aria viziata dei termosifoni tutta notte e non sopporta la puzza del letame. Ho subito quattro denunce per avere sparso nei miei campi il concime organico più naturale che esista, ma dell’aria ammorbata di polveri sottili pochi parlano».
C’è un progetto che prevede l’utilizzo del cementificio come inceneritore di rifiuti. Sarà la fine della valle incantata? «Lo temo fortemente», conclude il testimone della Valpolicella rurale. «Chi ci ripagherà del nostro paradiso perduto?».
Gianfranco Riolfi