Apocalypse Wine

Di seguito il video “APOCALYPSE WINE, Discorso civile sul paesaggio incongruo”, realizzato dalla classe IV Am dell’Istituto tecnico Dal Cero di San Bonifacio, Verona, coordinata dal Professor Simone Gianesini. Prendetevi del tempo e guardatelo. Quello che si sta compiendo è un vero e proprio annientamento del nostro ambiente naturale.

Apocalypse wine è un cortometraggio che cerca di mettere a fuoco, e deprecare, una mutazione epocale nel rapporto tra l’uomo e il paesaggio, a partire dal caso-studio degli stravolgimenti operati soprattutto negli ultimi anni dalla coltura intensiva della vigna tra le valli del Tramigna e dell’Alpone. Il problema è macroscopico: l’agricoltura “industriale”-capitalistica sta spazzando via in questi territori non solo ampie porzioni di ambiente naturale non o poco sfruttato (boschi, arbusteti, prati aridi ecc.), ma altera addirittura più importanti equilibri: modifica l’orografia e il corso dei torrenti con l’ampio uso della pratica dello sbancamento e del terrazzamento, distrugge la biodiversità anche attraverso la sistematica asportazione degli strati di “biancone”, trasforma in ultima analisi il rapporto stesso delle genti che abitano questi territori con il paesaggio. L’agricoltura intensiva sta cercando di rispondere anche al riscaldamento globale, spostando sempre più in quota gli investimenti. Le conseguenze si possono già apprezzare: i nuovi impianti viticoli si sostituiscono sempre di più a boschi e prati in aree che tradizionalmente hanno avuto tutt’altre vocazione agricole. Il risultato è la formazione di nuovi paesaggi: non tanto paesaggi in cui la vigna si estende, ma paesaggi in cui la vigna fa un ingresso nuovo. Questi sono sempre più paesaggi “incongrui”, letteralmente contraddittori e arbitrari, su cui avvengono interventi distruttivi che parallelamente e surrettiziamente si avvalgono di una retorica piena di deferenza per storia e tradizioni che funga però da giustificazione: trionfo dell’impostura e della falsa comunicazione. L’analisi che propone o a cui accenna il cortometraggio è di tipo ecologico, paesaggistico e infine anche sociale e linguistico. La sua conclusione è che ad essere in atto è una vera guerra al paesaggio e alla sua cultura da parte di una “oligarchia del vino” cui si sta demandando la gestione e la trasformazione di un territorio che è anzitutto bene comune. (Fonte Legambiente Fuori Nota)

Vergogna in Valpantena

DOMENICA TUTTI A SEZANO PER MANIFESTARE CONTRO LA DEVASTAZIONE DEL PAESAGGIO E DEL TERRIRORIO. Gli organi competenti alla tutela dell’ambiente, hanno permesso che in Valpantena, in particolare a Sezano, una zona agricola e boschiva, caratterizzata da un prezioso ambito ambientale e da importanti presenze storico-architettoniche, venisse attuato l’ennesimo sfregio al paesaggio. Va considerato che l’intera area è tutelata da una legge regionale, che contiene le motivazioni che hanno portato all’imposizione del vincolo: “Riconosciuto che si tratta di zone di non comune bellezza sia per la singolarità dell’aspetto vegetazionale e faunistico sia per la presenza di antiche contrade medioevali, di notevoli costruzioni rurali e di bellissime ville cinquecentesche”. Proprio a Sezano, a ridosso del Monastero dell’antico priorato del 1500 e nel bel mezzo del paesaggio collinare, sono sorti dei capannoni simil-industriali, dedicati alla attività viti-vinicola di aziende locali. Costruzioni, corredate di ogni necessaria autorizzazione comunale, compresa quella paesaggistica, che si è avvalsa del silenzio-assenso della Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza. Questo significa che il parere vincolante della Soprintendenza, espresso per contraddizione da un silenzio, ha consentito agli uffici preposti del Comune di Verona di autorizzare gli interventi sul territorio collinare. Nonostante la cementificazione del suolo e la coltivazione intensiva della vite, abbiano e stiano trasformando radicalmente la morfologia del nostro territorio collinare, danneggiandone l’equilibrio idrogeologico e abbruttendo il paesaggio, si continua a costruire in zone non idonee. E’ lecito chiedersi se i vari organi ed enti preposti al controllo alla tutela e conservazione dei beni architettonici e ambientali, stiano realmente perseguendo il ruolo per cui sono stati costituiti.

G. Massignan

Nevica d’agosto

dal sito di Slow Food

La terra ci nutre, il paesaggio ci incanta con la sua bellezza, la natura ci fa vivere. Eppure ce ne dimentichiamo o peggio facciamo finta di niente. E così ci affidiamo a politiche miopi, facciamo scelte affrettate, guidati dalla strategia del qui e adesso, tutto e subito. E da un’irritante costanza con cui percorsi più accusati di essere più faticosi ma altrettanto remunerativi vengono ignorati, mentre con noncuranza e disinteresse si scelgono strade facili ma troppe volte dannose, lungo la via della totale assenza della cultura del bene comune. Scritto da Luca Martinelli e diretto da Lucilla Tempesti il film documentario Nevica d’agosto ci racconta tutto questo, e ci racconta anche che un Frame_NDAaltro mondo è possibile, anzi già esiste.

Un’opera densissima, da vedere e rivedere, che fa arrabbiare e ben sperare nello stesso tempo, che insegna molto e che vorremmo fosse vista da tutti. Soprattutto da chi ha in mano la gestione del bene comune e da chi dovrebbe occuparsi di farci vivere in un ambiente sano, bello, pulito. Perché non è più possibile pensare che lavoro e “benessere” debbano essere sinonimi di inquinamento, sfruttamento delle risorse senza criterio, deturpamento e malattia.

Siamo in Valpolicella, una terra simbolo di questi contrasti, dove al paesaggio magnifico costellato di ville romane, vigneti e pendii si alternano le cave che alimentano i cementifici, un pugno nello stomaco da far piegare in due. Una terra però dove altre scelte sono più che possibili. Anzi, sono diventate realtà.

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La consistenza dei contenuti è ben resa dalla tecnica narrativa che affida il racconto a chi vive il territorio e lo difende. «La scelta – spiega la regista – è stata di prendere tempo: un tempo che raramente ci si concede, dodici mesi di riprese seguendo l’alternarsi delle stagioni. Un ritmo che ci ha permesso di fare esperienza di luoghi e persone, suoni e immagini. A ogni stagione corrisponde un “tempo” della valle: un tempo che unisce il destino di un territorio e della comunità che lo abita. Uno sguardo costruttivo che parte dalle vicende legate alle lotte dei comitati locali contro le attività di un cementificio e che diviene una riflessione collettiva sul rapporto tra uomo e ambiente».

Il titolo prende spunto da un fatto di cronaca. «A Fumane nevica anche d’estate» era l’annuncio di un articolo degli anni Sessanta pubblicato dal quotidiano 3804_393766390717210_1926645456_nveronese L’Arena che raccontava un evento straordinario: in pieno agosto, i tetti della Valpolicella si coprono di neve. È una neve artificiale, la cenere prodotta dal cementificio di Fumane. Oggi quei cementifici sono ancora attivi, una storia che Luca Martinelli ha voluto diffondere a partire da chi cerca ogni giorno far imboccare i sentieri del rispetto e della salvaguardia: «Quando ho raccolto e scritto la storia dei comitati in Valpolicella ho anche immaginato che sarebbe stato bellissimo raccontarla per immagini. Provare a cambiare mezzo, per render in modo più evidente la bellezza dei paesaggi e lo “stridore” delle politiche estrattive e di quelle legate all’economia del cemento, con l’impianto piazzato in mezzo alle vigne, a poche centinaia di metri dall’abitato di Fumane. Grazie a Lucilla e con il supporto di Nuvolanove l’idea s’è fatta progetto e oggi testimonia un pezzo di vita di una bella comunità. Un messaggio di speranza, per tutta l’Italia.».

Il film inizia d’estate, ripercorrendo la storia della Valpolicella, dai fasti romani all’abbandono degli anni Sessanta e fino alla ripresa attuale che valorizza la vocazione agricola dell’area e come ben noto la viticoltura, perché «L’attività agricola si è sempre e dovunque configurata come baluardo e roccaforte della difesa del territorio. E la Valpolicella è da sempre una terra legata all’agricoltura e non può diventare come purtroppo in certi casi è successo un’orrenda periferia di Verona» è la chiara la dichiarazione d’intenti del conte Pieralvise di Serego Alighieri, tra i primi protagonisti intervistati e presidente dell’associazione SalValpolicella impegnata a difendere la valle dall’assedio del cemento.8025923441_a837472a61_b

L’autunno è tempo di vendemmia, ma il racconto prosegue narrando della trasformazione del paesaggio, di quella «urbanizzazione speculativa, e al di fuori di ogni controllo, del territorio compreso nel comune di Negrar, in provincia di Verona» che ha generato anche un nuovo termine, negrarizzazione appunto. Stiamo parlando di «145 metri cubi di cemento a testa, la media italiana già altissima è di 53 metri cubi. Negrar è ormai irriconoscibile con scassi paesaggistici irreversibili» ci avverte il ricercatore e scrittore Gabriele Fedrigo. Arriva l’inverno insieme al racconto della lotta contro gli abusi al territorio, e la scoperta della possibilità di tradurre questa lotta in trasformazione sociale. Infine, la primavera: lo scontro tra diversi modelli di sviluppo chiama i cittadini che si riconoscono in collettività e insieme si decidono di occuparsi della propria. Ora il futuro è in mano ai ragazzi, come Alessandro Lonardi giovane agricoltore che pesca nella memoria per riscrivere il domani di questa regione. E speriamo di tutto il nostro Paese.

A cura di Michela Marchi
m.marchi@slowfood.it

Nevica d’agosto è un documentario dedicato alla Valpolicella e alla trasformazione del paesaggio, prodotto da Nuvolanove e con il patrocinio di Slow Food Italia e del Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio. Le voci e le vicende raccontate in Nevica d’agosto mostrano come la riflessione critica, partecipata e costruttiva dei cittadini possa agire per la salvaguardia del territorio e sia intimamente legata alla nostra quotidianità.

I comitati e le associazioni che desiderano promuovere e presentare il film possono scrivere a info@nuvolanove.it

Maggiori info su film e autori qui 

la Valpolicella ha bisogno di essere salvata»

«Cara Regione, la Valpolicella ha bisogno di essere salvata»

Personalità di spicco come Diamanti, Prodi, Settis, Pratesi, Emiliani invitano a bloccare i progetti per Arbizzano, San Pietro e Marezzane

 

Il Wwf mobilita associazioni e cultura italiana a difesa della Valpolicella. Averardo Amadio, presidente onorario del Wwf Veneto, ha scritto al vicepresidente della Regione, Marino Zorzato, già incontrato con altri gruppi lo scorso 5 dicembre a Gargagnago, nella tenuta Serego Alighieri. Si tratta di una lettera-appello, che contiene specifiche richieste, condivisa non solo da altre tre associazioni locali – SalValpolicella, Terra Viva e Valpolicella 2000 – e dallo studio di urbanistica dell’ingegner Giovanni Montresor, di Verona, ma anche da 24 autorevoli rappresentanti della mondo accademico e culturale italiano (l’elenco completo a fianco), tra cui: Salvatore Settis, professore alla Normale di Pisa; Franco Prodi, già docente di fisica dell’atmosfera all’Università di Ferrara; Ilvo Diamanti, docente di scienze politiche all’Università di Urbino; Paolo Alghisi, presidente sezione Nord Est dell’Accademia dei Georgofili; Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf; Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la Bellezza.
Per il Wwf la situazione in Valpolicella è preoccupante. A partire da dati come l’aumento del numero di abitanti. «In circa 50 anni la popolazione è raddoppiata, passando da 35mila a 70mila persone, con una densità di 365 abitanti per chilometro quadrato», spiega Amadio. «È quasi il doppio dei 200 della media nazionale, ben 18 volte superiore a zone italiane ad alta vocazione vinicola, come Montalcino, in provincia di Siena».
Il tutto è stato una conseguenza, sottolinea, «dell’attuazione di Piani regolatori dei Comuni, approvati dalla Regione, con scarsa attenzione ai valori di territorio e paesaggio». E ancora: «Negrarizzazione è un neologismo, ampiamente meritato, per indicare scriteriati interventi urbanistici nel comune di Negrar, pur nel rispetto delle norme. Alcuni nomi? Montericco, Jago, Moron, Valfiorita. Ma dato che la negrarizzazione è categoria comune anche ad altri centri, e che ha avuto luogo nel rispetto dei vari piani regolatori, è evidente la manifesta incapacità dei singoli comuni a pianificare il proprio territorio o l’impossibilità di farlo, magari per eccesso di pressioni esterne». A chi si oppone a nuove lottizzazioni, però, il sindaco di Negrar, Giorgio Dal Negro, spesso risponde: «Così facciamo lavorare le imprese». «Con ulteriore grave danno a suoli agricoli e paesaggio», ribatte il Wwf.
Ora la cordata di associazioni e i 24 studiosi alzano la mano per dire alt. Nella lettera a Zorzato, Amadio e Montresor parlano chiaro: «Chiediamo al vicepresidente veneto di porre in essere tutte le iniziative di sua competenza affinché la Valpolicella sia considerata un’area geografica omogenea, anche per ben valutare interventi urbanistici e infrastrutturali». Mica per niente, ricorda il presidente di SalValpolicella Pier Alvise Serego Alighieri, «la consapevolezza dell’omogeneità del territorio e dei suoi valori hanno portato anni fa alla proposta di legge, sottoscritta da 6mila cittadini e non ancora esaminata, per istituire un parco regionale».
Nella lettera si passa poi ai punti critici: «Zorzato convinca il sindaco di Negrar a rivedere il Piano degli interventi, specialmente per le nuove aree residenziali a ridosso delle sei ville venete di Arbizzano», prosegue Amadio, «sospenda l’accordo di programma tra Comune di San Pietro e Regione per l’area ex Lonardi, non consenta la costruzione della centrale a biomasse a San Pietro, verifichi la congruità del Pat di Fumane e si esprima negativamente sul progetto di escavazione della collina di Marezzane». Non sarà troppo? «Chiediamo di privilegiare la cultura, che può servire anche per mangiare», conclude. «Con noi c’è una crescente parte dell’opinione pubblica».

Camilla Madinelli