dal giornale L’Arena 07.06.2013
Tanti misteri ancora da svelare sulle pendici del Monte Castelon. Il Tempio di Minerva fa ancora parlare di sé e questa volta diventa protagonista di un convegno, che si è svolto nella chiesa di Santa Maria Valverde, presenti esperti arrivati da tutta Italia, scortati dalla Protezione civile fin sulle pendici del Castelon, dove sorgeva il famoso santuario. In discussione i risultati delle campagne di scavo, ma anche i tanti punti interrogativi e le ipotesi aperte su un luogo di grande interesse archeologico e di grande complessità scientifica. Il Tempio di Minerva, che sorge alle pendici del Castelon di Marano, a pochi passi dalla chiesetta romanica dove si è svolto il convegno, nasconde ancora molti segreti. Quel che è certo è l’inestimabile valore del luogo. «Su questo colle ci sono quattromila anni di storia, senza soluzione di continuità, legata all’abitato di Marano di Valpolicella», ha spiegaato il sindaco Simone Venturini, sottolineando come questo percorso, che ha avuto inizio nel 2007, dovrebbe portare alla creazione di un Parco archeologico. Il sito del monte Castelon è infatti considerato dalla Soprintendenza ai beni archeologici del Veneto, rappresentata da Vincenzo Tinè, uno dei nuovissimi «top sites dell’archeologia veneta, un contesto vocato ad attrarre turisti per l’associazione tra interesse scientifico e suggestione ambientale». LA SCOPERTA. Sei anni di ricerca e due campagne di scavo hanno prodotto la scoperta del Tempio di Minerva, un «fanum» cioè un santuario extraurbano votato al culto della dea romana, che racchiude al suo interno tre importanti stratificazioni di fasi storiche: un tempio di età imperiale, uno di età tardo-repubblicana e un rogo votivo dell’età del ferro. «L’area del monte Castelon conserva tracce della presenza dell’uomo fin dall’epoca preistorica», ha detto l’archeologo della Soprintendenza del Veneto, Luciano Salzani. Storicamente legata alla comunità degli Arusnates, la Valpolicella presenta tracce di insediamenti in più aree (ad esempio San Giorgio Ingannapoltron, Castelrotto). «Il sito del monte Castelon nasconde un’area protostorica sotto i muri del tempio romano, un rogo votivo datato tra il VI e il II secolo a.C., a cui appartengono il ritrovamento di settanta anelli votivi e due frammenti ceramici simili ad una tazza e ad una brocca», ha continuato Salzani. Al rogo votivo succede qualche secolo dopo il tempio di età tardo repubblicana, di cui non si hanno moltissime tracce della struttura muraria, quasi interamente distrutta dal cantiere del tempio successivo di età imperiale. «Ciò che testimonia la grandezza del tempio di Marano è la presenza di frammenti di decorazione muraria riconducibili al I stile pompeiano, una tecnica pittorica molto curata e di ottima fattura presente nei più grandi siti archeologici del bacino del Mediterraneo, tra cui Pompei ed Ercolano», ha spiegato Brunella Bruno, del Nucleo Operativo di Verona, che ha coordinato l’intero progetto di scavo. Data l’importanza della tecnica decorativa è ancora da svelare la natura della committenza, che certamente apparteneva ad un élite e poteva riunire le migliori maestranze dell’epoca. IL TEMPIO DI ETÀ IMPERIALE. Sulle strutture del tempio repubblicano intorno al I secolo d.C. si impianta il cantiere di un grande luogo di culto, più ampio del precedente, istituito da un collegio di quattro «curatores fanorum», che lo amministravano con una cassa comune, la pecunia fanatica. Il nuovo Tempio di Minerva ha struttura quadrangolare, circondato da tre gallerie e addossato alla parete di roccia di tufo. Il cuore della vita del tempio era la cella centrale che si innalzava rispetto alle gallerie e che dava alla struttura la forma tipica dei templi pagani di tradizione celtica. «La particolarità di questa struttura su modello germanico ha destato l’interesse dei colleghi del College de France che mi hanno chiamato a Parigi qualche mese fa ad esporre la scoperta», ha aggiunto Bruno. Monili, cocci e monete sono stati rinvenuti tra le mura del Tempio di Minerva. «Le monete di argento e bronzo, quattro di età repubblicana e quarantasei monete imperiali, testimoniano il passaggio delle varie epoche storiche e lasciano l’interrogativo aperto circa la datazione della fine del tempio, probabile intorno al V secolo d.C.», ha ricordato Antonella Arzone, del Coordinamento direzione Musei d’arte e monumenti del Comune di Verona. Dunque, ancora tanti punti interrogativi: qual’era il culto legato al tempio? Venivano attribuite all’acqua proprietà terapeutiche? In che modo ha avuto fine la vita del tempio? A queste e molte altre domande si cerca risposta nel prossimo futuro.
Agnese Ceschi
approfondimenti http://www.veja.it/2013/06/09/marano-di-valpolicella-il-tempio-di-minerva-un-tesoro-ritrovato/
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