Torna a Tempio della Dea Minerva

La statuetta trova le sue origini

Tempio della Dea Minerva

MARANO DI VALPOLICELLA

DAL GIORNALE L’ARENA DEL 09 DICEMBRE 2010

La statuetta trova le sue origini

Agnese Ceschi

Il fanciullo alato in bronzo risale al 100 avanti Cristo ed è conservato al Museo archeologico di Verona La sua storia è stata ricostruita grazie a una lettera

Il bronzetto che si è scoperto appartenere al sito di Monte Castelon. Una statuetta di bronzo, datata circa 100 a.C, raffigurante un fanciullo alato, che fino a pochi mesi fa era di «provenienza ignota», ora ha trovato la sua origine.
Il reperto si trova al Museo archeologico di Verona e grazie a una curiosa vicenda si è scoperto appartenere al sito del Monte Castelon, dove recentemente sono stati scoperti i resti dell’antico Tempio di minerva, al quale però la statuetta sembra non appartenere. Tutto ha origine da una lettera, datata inizio Novecento e appartenente ai cimeli di famiglia di un cittadino di marano, Domenico Tommasi. Alcuni mesi fa Tommasi porta la lettera al Sindaco Simone Venturini. È un carteggio autografo del direttore del Museo Civico di Verona, Pietro Sgulmero, che nel 1905 ringraziava un suo avo per il dono di «oggetti di bronzo» provenienti dal sito del Monte Castelon. Chiedendo tra la popolazione si scopre ben presto che è nota tra gli anziani del paese la «leggenda» della famosa statuetta. Una statuetta rinvenuta sepolta nel terreno vicino alla chiesetta di Santa Maria Valverde in coppia con una versione femminile: un bambino e una bambina. La curiosità per questa scoperta è tale che viene avviata una ricerca al Museo Archeologico di Verona.
Potrebbe essere la ricerca di un ago nel pagliaio dei molti reperti conservati, se la statua non avesse un tratto distintivo: è un fanciullo evirato. La statuetta aveva infatti subito questa sorte perché all’epoca era stato ritenuto indecoroso mostrarla in pubblico. Il reperto rappresenta un amorino o erote, un fanciullino con le ali, figlio dell’amore adulterino di Venere e di Marte. Siamo nel mondo romano e l’amorino, motivo ricorrente fin dall’epoca ellenistica, è rappresentato mentre vola o corre, con un braccio portato in avanti, dentro al quale ha un oggetto frammentario, probabilmente una fiaccola. È alato e ha sul petto una collana intrecciata che si trova anche su altre divinità bambine.
Sfatata però è l’idea che la statuetta appartenesse al tempio di minerva, recentemente portato alla luce grazie a un progetto di scavo promosso dal Comune di marano e al finanziamento della Regione. Il motivo è che non c’è nessuna attestazione di eroti donati a santuari, non è infatti il tipo di statuetta che funziona in un contesto religioso.
Margherita Bolla, dirigente del Museo archeologico al Teatro Romano, dove sono presenti oltre alla statuetta altri resti provenienti dal sito del Monte Castelon, iscrizioni appartenenti al tempio di minerva e un’ara in calcare veronese, racconta: «È una statuetta di circa 9 centimetri, complessivamente ben conservata, nonostante una frattura, infatti le manca un piede. Presenta alcune incrostazioni, che verranno tolte con un restauro, ma che sono tracce preziose e potenzialmente indicative del contesto di origine».
Sulla statuetta sono rimaste infatti tracce di carbone, perciò è ipotizzabile che l’edificio in cui si trovava fosse stato interessato da un incendio e che sia quello che ne ha causato il seppellimento. A questo punto sorge una curiosità, che funzione aveva la statuetta? «Queste sono statuette che si possono trovare in una larario privato, l’insieme di divinità che il pater familias decideva di raccogliere in una nicchia all’interno della casa perché riflettevano la sua religiosità e ad esse veniva tributata adorazione», continua l’esperta. All’interno dei larari privati l’amorino era una figura di accompagnamento, presumibilmente con un altro speculare esattamente identico. Facevano da cornice alle altre statuine e portavano la luce, ma non possiamo dire se questa luce era rappresentata da una fiaccola simbolica o se invece la mano dell’amorino fungeva fisicamente da supporto su cui inserire una candela.
Adesso a distanza di quasi cento anni su quella statuetta è possibile cambiare la dicitura «provenienza ignota». Dalla data della donazione nel 1905, le vicissitudini storiche che hanno colpito il museo, le due guerre e la perdita di molto materiale e catalogazioni, hanno fatto sì che non gli sia rimasta appesa addosso né la data né la provenienza. Ora è possibile farlo. E l’altra statuetta femminile di cui si parla? Potrebbe essere di un’altra divinità appartenente allo stesso larario. Ma purtroppo non abbiamo molti indizi, l’unica traccia che possa aiutare a trovarla tra i numerosi reperti presenti al Museo Archeologico sono le incrostazioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.